Paola Tosi, direttrice editoriale de La Torre dei Venti, prosegue con i ritratti dei grandi protagonisti della letteratura mondiale. Oggi tocca a un grande: Bobi Bazlen.
Chi era Bobi Bazlen
Roberto Bazlen, per tutti Bobi, nacque a Trieste da padre tedesco e madre triestina nel 1902. Ha vissuto una vita poco organizzata come se non avesse degli obiettivi, infatti non scrisse niente di suo. Ma si è dedicato alla vita culturale anche attraverso una fittissima rete di amicizie. Di lui si dice che non facesse altro che stare sdraiato a leggere e a imbucare lettere.
È stato critico letterario, traduttore, consulente editoriale e editore ma nessuno di questi ruoli lo definisce, e resta sfuggente la sua vera natura.
La sua biografia scritta da Cristina Battocletti dà l’idea di come riuscisse a capire in modo intuitivo ma con esattezza chi fosse lo scrittore su cui puntare o l’evento culturale significativo. In realtà era uno spirito libero, che significa che non aveva bisogno di esser trainato per esprimere giudizi ma si basava sulla sua intelligenza e sul suo sesto senso e alla sua preparazione culturale.
Aveva grande influenza pur restando all’ombra.
A Trieste dove visse per i primi 32 anni frequentava da giovanissimo Umberto Saba e la sua libreria, chiacchiera con Italo Svevo, andava nei caffè dove l’intellighenzia locale si radunava: Gillo Dorfles, Guido Voghera, Giani Stùparich…
A Trieste conobbe anche la psicanalisi: prima fu paziente di Weiss, allievo di Freud, e poi di Bernhard junghiano. Per questo fece conoscere i saggi psicanalitici in Italia quando divenne consulente editoriale, così come le opere di tanti come Kafka, Svevo, Musil. Senza di lui non li avremmo conosciuti. Ispira alcune poesie di Montale, testi di filosofia orientale.
Resta comunque un personaggio indecifrabile. Bazlen aveva imparato da Chuang-tzu che il sapiente lascia il minimo di tracce che per lui erano quei libri di cui parlava e che consigliava. Per il resto, ciò che ha scritto è tutto una sequenza di «note senza testo»: annotazioni leggere, acuminate, narrative o aforistiche o epistolari.
Lavorò all’Olivetti, collaborò per Einaudi, Bompiani.
A un certo punto si occupò del progetto con Luciano Foà e Roberto Calasso per una nuova casa editrice: Adelphi.
Morirà nel 1965 a Milano nella sua camera in albergo non lontano dalla sua Adelphi.