Sulla piccola-grande impresa editoriale, poetica e artistica che fu la lunghissima serie dei Libretti di Mal’aria, si è scritto, per fortuna, molto, ma non ancora abbastanza. Per chi non ne conoscesse la vicenda, il mio invito è quello di una rapida ricerca su Google che può dare un subitaneo inquadramento dell’opera e del suo creatore, Arrigo Bugiani, dal quale magari partire per una coscienza più profonda e adeguata all’oggetto.

Io mi soffermo oggi sull’ultimo libretto, datato 1994. Non ha numero, ha solo la dicitura “Fine”. È il libretto che – presumo – lo stesso Arrigo Bugiani si creò per tempo perché uscisse alla sua morte, ponendo così una prevista fine all’opera che lo aveva occupato per così tanto tempo e, assieme, un epitaffio alla propria vita.

Il libretto è semplice e complesso insieme, ricco di piccoli segni e segnali, vere o presunte correzioni, riferimenti a pseudonimi e nomi puntati, misteri per il lettore normale, omaggi profondi per chi ne è invece coinvolto. Tra le aggiunte-correzioni a stampa, spicca quel “contento come una Pasqua” aggiunto a “Arrigo Bugiani è andato a farsi benedire dal suo signore Gesù Cristo” . Chi non sa morire non sa amare s’intitola il tutto, un proverbio toscano non privo di notevolissime implicazioni esistenziali e filosofiche, racchiuse in un decasillabo.

@Massimiliano Varnai

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